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25.05.2025
Data news | 18.10.2016 |
Buongiorno a tutti appassionati di Marcialonga e ben ritrovati con la nostra rubrica di “Consigli e pensieri”. Ormai il nostro grande appuntamento si sta avvicinando e considerato il prepotente ingresso del “Double poling” nel mondo dei granfondisti, oggi andremo ad analizzare con Andrea Zattoni, allenatore della nazionale di biathlon e di Dotothea Wierer, quali sono state le principali evoluzioni tecniche e soprattutto se la sola scivolata spinta sia veramente adatta a tutti noi.
Ormai quasi mezzo secolo fa, quando dalla piana di Moena ebbe il via la prima edizione di Marcialonga, l’unica tecnica sciistica nota era quella classica, che prevedeva l’utilizzo del passo alternato, del passo triplo, del passo finlandese, del passo spinta e della spinta. La maggior parte di questi movimenti, considerati soprattutto i materiali dell’epoca e la battitura delle piste, prevedevano l’utilizzo degli arti inferiori come principali propulsori del movimento. Infatti i nostri sciatori con una tenuta quasi sempre garantita grazie alla sciolinatura “punta-coda” e l’utilizzo di bastoncini relativi corti, non potevano garantirsi grandi spinte con le braccia.
La prima rivoluzione tecnica, il pattinaggio
Negli anni successivi la scelta di materie prime più performanti per la costruzione degli sci scarpe e bastoncini, l’introduzione dei mezzi battipista e la miglior preparazione dei tracciati ha portato gli sciatori ad evolvere i propri gesti. Tra la fine degli anni 70’ e l’inizio degli anni ‘80 si assiste alle prime sperimentazioni della tecnica di pattinaggio, con gli atleti che iniziano ad uscire dalle tracce battute con uno sci e si garantirono le prime pattinate combinando la spinta di uno sci con la spinta delle braccia.
Questa novità in pochi anni prese fortemente piede e gli atleti iniziarono a pattinare con entrambi gli sci. Uno dei più grandi avvenimenti di questo periodo per la storia dello sci di fondo è rappresentato dalla vittoria della Coppa del Mondo del 1982 da parte di William Conrad “Bill” Koch. Atleta di origine americana che si fece vero e proprio “paladino” e primo vero utilizzatore dell’allora tecnica libera (in quanto gli sciatori potevano scegliere quale tecnica utilizzare). Le cose stavano cambiando rapidamente e anche alle Marcialonghe dell’epoca si vedevano i primi pattinatori. Il primo successo ottenuto in tecnica libera risale al 1985 quando Giorgio Vanzetta utilizzando sci senza sciolina e la tecnica di pattinaggio si presentò per primo sul traguardo di Cavalese.
Le cose progredirono rapidamente, sci sempre più performanti, bastoncini più lunghi e leggeri per spingere anche a velocità più alte, l’introduzione delle scioline fluorate, piste sempre più larghe… per alcuni anni, soprattutto in Italia, sembrava quasi che la tecnica classica potesse scomparire.
Negli anni successivi le vittorie di De Zolt, Botvinov e Gutierrez passano alla storia, ma poi qualcosa cambia nuovamente. Nel 2003 si torna alla tecnica classica obbligatoria e da subito la Scandinavia, o meglio la Norvegia, la fa da padrone. La 30° edizione è vinta da Jorgen Aukland che con gli sci sciolinati vince la gara sui 60 km.
Una nuova rivoluzione?
Tuttavia nel 2004 si assiste a qualcosa di impensabile. Anders Aukland, fratello maggiore di Jorgen, già vincitore di un oro olimpico nel 2002 e di due medaglie iridate nel 2003, affronta l’intero tracciato di gara di 70 km senza utilizzo di sciolina di tenuta. Da quell’anno in poi i più forti atleti specializzati in gare di lunga distanza iniziarono a competere esclusivamente con sci puliti e senza quindi l’ausilio della sciolina.
Internazionalmente il “double poling” o “scivolata spinta”, argomento già sfiorato da Enzo Macor nelle rubriche precedenti trattando la lunghezza dei bastoncini, è un movimento della tecnica classica che prevede l’utilizzo dei soli bastoncini per la spinta, rimanendo all’interno delle tracce battute o all’esterno delle stesse mantenendo gli sci paralleli.
Questa tecnica ha subito delle notevoli modificazioni negli ultimi anni grazie anche alle “nuove proposte” offerte da parte degli atleti di élite. Quando si pensava alla “spinta” si pensava esclusivamente a delle spinte poderose delle braccia e a grandi flessioni del busto in avanti. Ora invece il gesto è diventato molto più efficiente, grazie all’utilizzo della muscolatura addominale, dei grandi muscoli della parte alta del corpo, come il pettorale ed il gran dorsale, e anche degli arti inferiori.
Affrontare 70 km in scivolata spinta, senza sciolina di tenuta, nella maniera corretta e senza incappare in sgradevoli squalifiche, richiede una tecnica molto sviluppata e una preparazione altrettanto importante e mirata.
Per la Marcialonga il mio consiglio è quello di valutare personalmente le proprie potenzialità, il proprio percorso allenante e la propria tecnica in modo da prendere la decisione migliore su come affrontare il suggestivo percorso di 70 km che da Moena vi porterà a Cavalese.
Detto questo, buona Marcialonga a tutti.
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