26.01.2025
Odillo Piotti - Gardone di Val Trompia (BS) 01.06.1943
Sono pronto.
È facile esserlo quando vai ad allenarti. Nessuna pressione, nessuna apprensione, nessuna grande ambizione. Solo tu e una montagna selvatica e tenace, come le genti che la abitano. Prendo lo zaino in mano, controllo di nuovo che ci sia tutto. Un cambio, una maglia più pesante, la borraccia con gli integratori, un po’ di frutta secca. La cioccolata fondente. I bastoncini sono già nel bagagliaio, le scarpe da trekking ai piedi. Sono di ultima generazione, di un verde brillante, flessibili, con la suola gialla ammortizzata. Mi guardo allo specchio prima di uscire di casa e l’immagine di rimando, brizzolata, mi sorride. Mi guardo e assaporo già mentalmente il momento in cui il mio corpo comincerà a muoversi.
Quando la macchina viene inghiottita da un bosco vestito con i colori d’autunno nella frazione di un secondo sono proiettato in un microcosmo incantato, fatto di foglie che danzano. Esco dall’abitacolo e mi lascio avvolgere dal loro movimento sinuoso, quasi volessero invitarmi a ballare. Quasi potessi far parte anch’io della coreografia.
No, non devo farmi distrarre. Il mio essere qui è per altro, ha a che fare con la neve che verrà. Parto corricchiando, con i bastoncini che aiutano il moto ascendente, da prima lento e poi sempre più veloce. Cerco di calibrare i movimenti per capire come risponde il mio fisico. Il respiro è sottile, ancora sottile. L’aria pungente d’autunno, satura del profumo di muschio e terra, mi riempie i polmoni. Nulla a che vedere con quella gelata che in inverno, sotto sforzo, ti scortica dentro. Aumento l’intensità, voglio vedere come reagisco. Devo arrivare pronto alla fine di gennaio, alla mia 44esima volta. Alla gara che sento più di tutte: la Marcialonga. Nessuna velleità di classifica purtroppo, ma sempre voglia di arrivare con il tempo migliore che posso. Se non mi avessero erroneamente squalificato in passato (per poi riammettermi) sarei ancora li, a battermi alla pari con il primo di noi Senatori. Recupero minuti, ogni anno che passa, inseguendo un’illusione. Le ore di scarto sono troppe ma io non mollo. Mi alleno. Corro.
Salgo spedito adesso, anche se la pendenza è aumentata. Mi stupisco di questa velocità che non è disperazione di arrivare in cima, né altro. Solo puro piacere di andare. Sono io, i miei muscoli, il sangue che corre vorticoso, l’impennata dei battiti cardiaci. Per un attimo l’aria del mondo non mi basta più. Mi fermo. Le gambe sembrano di una materia diversa, più dense e insieme più leggere. Lo so, domani faranno male. Quel male che ti ricorda che esistono anche loro. Che hanno condiviso l’ennesima fatica in vista di quella più importante, che ti aspetta tra pochi mesi, sugli sci.
…Penso alle due salite consecutive, all’altezza di Mazzin, brevi ma intense. Da affrontare con movimenti misurati ma incisivi, dando sferzate alla neve, piantando i bastoncini e spingendo quello che si può. Penso alla discesa, subito dopo. Quella discesa. Che mi preoccupa al solo pensiero, che richiede mente salda e il coraggio di lasciarsi scendere, e scendere, e scendere verso i prati di Pozza e il centro abitato con la tipicità delle case e la bellezza delle architetture tradizionali. E poi la salita di Soraga e da qui son dolori, perché non c’è preparazione che tenga… Ti devi armare di pazienza e bastoncini e di nuovo a spingere, tentando di tenere il movimento di braccia e gambe più coordinato possibile, senza scivolare…
Ancora pochi metri di dislivello e sono sulla sommità. Il panorama che mi si para davanti è di quelli da togliere il fiato. Una tavolozza carica di tinte calde che vanno dal rosso intenso, all’arancione luminoso, dal verde carico al marrone sfumato. Ma io aspetto solo il bianco. Quello dell’Inverno che arriva a grandi passi. Sarò pronto anche quest’anno. E adesso giù di corsa, a danzare con le foglie.
Concept, intervista e testo: Susanna Sieff
Foto: Alice Russolo
Riprese: Graziano Bosin - Dolomiti TV
L'INTERVISTA
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